Cari amici,
con il cuore colmo di dolore mi unisco al cordoglio per quanto accaduto ieri lungo la superstrada Rieti‑Terni: un autobus che trasportava i tifosi della squadra di basket di Pistoia è stato assalito mentre rientrava da una trasferta, e uno degli autisti ha perso la vita in un gesto di violenza che lascia senza parole e che non ha nulla a che vedere con lo sport.
Questo avvenimento ci impone una riflessione profonda: lo sport — che per sua natura dovrebbe essere festa, incontro, passione condivisa — è stato troppo spesso contaminato da gesti che ne tradiscono lo spirito. Per contrastare questa deriva, credo sia necessario riscoprire con vigore i valori veri che dovrebbero guidarci.
1. Rispetto
Lo sport ci insegna il rispetto — verso avversari, compagni, tecnici, arbitri, e anche verso chi ci accoglie in trasferta. Qui invece il rispetto è venuto meno: non solo per l’autista, per i tifosi ospiti, ma per l’essenza stessa di ciò che significa partecipare a un evento sportivo.
2. Solidarietà
Quando ci uniamo nella passione per una squadra, nello sfidarsi sul campo, non siamo nemici nella vita: siamo invece parte di una comunità più grande che condivide gioie e sofferenze. La solidarietà non è un optional: è ciò che trasforma l’appartenenza in un’esperienza umana. In questa tragedia, tutto ciò appare dimenticato.
3. Gioia e condivisione
Vedere sport significa godere della fatica, della vittoria, della sconfitta, ma anche della gentilezza con cui ci si lascia abbracciare dallo sport. Ogni partita, ogni trasferta, ogni tifoseria — dovrebbero essere occasione di condivisione, di sorrisi, di abbracci dopo il fischio finale, non di lancio di sassi e aggressione.
4. Responsabilità collettiva
Non è solo “colpa” di chi ha lanciato quei sassi: è responsabilità di tutti — società sportive, dirigenti, forze dell’ordine, tifosi “normali”, media — vigilare affinché il “tifo” non degeneri nella violenza. È responsabilità di ogni persona allo stadio, in pullman o in trasferta, ricordare che siamo lì per lo sport, non contro qualcuno.
5. Memoria e speranza
Questo drammatico episodio dev’essere ricordato — nella dignità della vittima, nel rispetto dei familiari, nel silenzio che segue la rabbia. Ma non possiamo restare incatenati al dolore: dobbiamo farne spinta verso un cambiamento vero. Lo sport possa servire non solo a “fare punti” ma a costruire comunità migliori.
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Concludo quindi con un appello: che ogni partita, ogni trasferta, ogni tifoseria possa tornare a essere festa, incontro, rispetto. E che a ciascuno di noi — tifosi, atleti, dirigenti — sia chiaro che la partita vera non è solo sul parquet, ma nella vita che facciamo fuori dal campo.
A nome mio e di tutti quelli che amano davvero lo sport, voglio esprimere le più sentite condoglianze alla famiglia dell’autista e a quanti sono stati coinvolti in questa tragedia. Che il ricordo ci stimoli ad agire, a cambiare, a rendere lo sport un luogo più umano.
Con profonda tristezza e sincera speranza,
Don angelo
Presidente Paffoni fulgor basket